giovedì 25 novembre 2010

Non tutti i raffreddori sono uguali

Albert Einstein ne buscò uno all’età di quattro anni. Dovendo restare chiuso in casa si annoiava tantissimo. Suo padre ebbe l’idea di regalargli una bussola. Il piccolo Albert ne fu affascinato, e soprattutto stupito che questa fosse orientata sempre nella stessa direzione. Quale era la forza invisibile che faceva spostare l’ago costantemente verso il nord? Perché l’ago calamitato la sentiva? Quella bussola gli ispirò pensieri profondi.“Da piccolo”, dirà nella vecchiaia “avevo difficoltà a parlare e i miei genitori temevano che fossi subnormale. Ma forse è proprio a causa di questo ritardo mentale che ho cominciato a riflettere sui concetti di spazio e tempo quando gli altri ragazzi ne hanno ormai acquisito la percezione. Questa tardiva meditazione mi permise però di scendere molto più in profondità...” La relatività ristretta – ricordava infatti Leon Van Hove, al tempo giovane speranza della fisica divenuto poi direttore del CERN (Centro europeo di ricerche nucleari di Ginevra) - Einstein l’ha già in mente da studente quando invece di pensare alle cose che pensano gli allievi immagina ciò che succederebbe viaggiando a velocità vicina a quella della luce. Queste intuizioni furono gli spunti da cui nacque la teoria della relatività ristretta che Einstein presentò nel 1905. Anno mirabile. Nel giro di otto settimane, il ventiseienne Einstein consegna al mondo tre lavori che scuotono dalla base l’edificio della fisica, e che costituiscono l’atto di nascita della teoria della relatività; scoperta questa, destinata a rivoluzionare il mondo in cui viviamo. Da dove nascono le idee che hanno cambiato il volto della fisica? Einstein non faceva parte di questa o quella corrente di pensiero né dell’ambiente universitario. Quello che ha trovato, l’ha cercato soprattutto in se stesso. “Dietro alle cose – scriverà 63 anni dopo quel raffreddore - doveva esserci un che di profondamente nascosto”. I problemi della forza elettromagnetica li aveva già risolti Maxwell. Einstein si dedicò alla forza di gravità. La sua teoria generale pubblicata nel 1916 è tuttora la migliore che abbiamo per interpretare questa forza: la famosa legge di Newton vi rientra come un caso particolare. Una delle sue frasi celebri da lui pronunciate suona: “Come mai nessuno mi capisce e tutti mi amano? ”Sono tanti i motivi per cercare di capire Einstein. Il più convincente è che senza saperlo, viviamo in un mondo governato da idee, leggi, teorie che hanno in Einstein il loro padre, il nonno, o il bisnonno. Qualche esempio: le celle solari che convertono la luce in elettricità, che troviamo applicate nelle calcolatrici tascabili, nelle sonde; il fotone, unità elementare della luce; così il laser; i sistemi di navigazione satellitare. Quanto alla relatività generale è uno dei fondamenti dell’idea dell’espansione del universo e da essa derivano fenomeni come il ritardo degli orologi atomici, i buchi neri e le lenti gravitazionali.
La sua vita è un intreccio di trionfi intellettuali, fallimenti nella vita affettiva e episodi stravaganti e divertentissimi che hanno dato vita a una aneddotica sterminata ma non sempre veritiera. Per distinguere l’autentico dal falso, la guida più sicura è Abraham Pais, autore di una biografia intitolata Sottile è il Signore.... e successivamente di, Einstein è vissuto qui, libro in cui ha raccolto dati, notizie e curiosità che non aveva potuto inserire nella biografia scientifica. I suoi insuccessi scolastici divenuti ormai leggenda sono originati dal fatto che Albert odiava l’autorità scolastica e considerava la scuola una grande perdita di tempo: perché imparare a memoria regole, date e nomi che si possono trovare facilmente sui libri? Taciturno e solitario non segue un curriculum regolare, a fatica termina il liceo per poi entrare a 17 anni al Politecnico di Zurigo al secondo tentativo. Qui conoscerà la sua prima moglie che gli darà una bambina da lui mai riconosciuta e due figli maschi a cui si dedicò pochissimo. Finiti i corsi non viene accettato come assistente. Nel 1902 trova lavoro presso l’Ufficio Brevetti di Berna. Grazie alla sua velocità nel compiere il lavoro di una intera giornata in due ore, potrà finalmente dedicarsi ai suoi studi. Anni densi di ricerche. Nel frattempo divorzia dalla prima moglie pattuendo l’accordo che se avesse vinto il Nobel l’importo sarebbe andato interamente alla ex moglie. Saggia preveggenza. Il Nobel arrivò nel 1922. Frattanto si risposa e gira il mondo. Sono questi gli anni delle celebrazioni: Stati Uniti, Giappone, Spagna, Inghilterra, Italia. Ovunque, riceve dalle massime autorità riconoscimenti altissimi. Lui adempie il suo ruolo di ambasciatore con grande umiltà e senza illusioni. Scriverà: “Ecco un’altra, imprevedibile applicazione del principio di relatività: in Germania passo per uno scienziato tedesco, in Inghilterra per un ebreo svizzero; ma se, puta caso, la sorte facesse di me una bestia nera, diventerei un ebreo svizzero in Germania e uno scienziato tedesco in Inghilterra” ( E l’ipotesi si avverò puntualmente). Dal 1934 alla sua morte avvenuta nel 1955, scelse l’esilio negli Stati Uniti. Da qui aiutò molti ebrei a fuggire dalla Germania. Nonostante il suo impegno pacifista, fu convinto da Leo Szilard ed Eugene Wigner, due fisici ungheresi (il primo era un suo vecchio amico) da poco arrivati in America per sfuggire al nazismo, della necessità che gli Stati Uniti avviassero gli studi sulle potenzialità belliche dell’energia nucleare per evitare che i nazisti riuscissero a sfruttarla per primi. Scrisse allora nel 1939 la famosa lettera al presidente Franklin D. Roosevelt per chiedergli di avviare gli studi. La figura di Einstein era circondata da grande stima e quindi la sua lettera ottenne il risultato previsto. Però, anche se la possibilità di realizzare la bomba era una diretta conseguenza della teoria della relatività (della famosa formula E = mc2), Einstein non partecipò in alcun modo al Progetto Manhattan che portò alla sua realizzazione. Abitò e lavorò a Princeton presso il famoso Institute for Advanced Study, assistito dalla fedele segretaria di una vita Fräulein Dukas. Di quando in quando teneva una lezione annunciata all’ultimo momento per evitare l’afflusso di curiosi. Difendere la propria privatezza era la sua preoccupazione maggiore. Divenuto ormai mito calamitava amori e l’attenzione di tanti che gli scrivevano da ogni dove. Pare che una scolaresca di New York gli inviò delle cravatte invitandolo a vestire in modo più elegante. Caro professor Einstein è un singolare volumetto per i tipi di Archinto che racchiude una sessantina di lettere di risposta a fanciulli sparsi per il mondo. Nelle lettere traspare il grande amore per i giovani, la capacità di comunicare e semplificare le cose più complesse sull’universo mantenendo l’innocenza di un bambino, e l’invito forte a seguire le proprie inclinazioni e a costruire un mondo di tolleranza e rispetto.
Per commemorare il centenario dalla nascita della teoria della relatività, il 2005 è stato salutato come anno mondiale della fisica. Proprio per questo Longanesi ha ripubblicato un grande saggio di Bertrand Russell: “Tutti sanno che Einstein ha fatto qualcosa di sorprendente, ma pochi sanno che cosa abbia fatto esattamente.” Per spiegarlo Russell scrisse nel 1925 L'ABC della relatività, che inizia appunto con queste parole, e rimane dopo ottant’anni non solo la sua più riuscita opera di divulgazione scientifica, ma anche la migliore introduzione al pensiero di Albert Einstein, e non certo per mancanza di concorrenza.
Dopo trent’anni di celebrità Einstein aveva imparato a temere, più di ogni altra cosa, i giornalisti. A chi gli chiedeva un autografo rispondeva invitandolo a compilare un modulo a stampa. L’accoglimento della richiesta era subordinato al versamento di una somma da devolversi in beneficenza.

 

Frasi celebri

“La fantasia è più importante del sapere.”

“È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio.”

“Non tutto ciò che può essere contato conta e non tutto ciò che conta può essere contato.”

“Voglio conoscere i pensieri di Dio... il resto sono dettagli”

“Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi.”





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