giovedì 15 settembre 2011

Alda Merini. Il dono di trasformare tutto in poesia



« Ho la sensazione di durare troppo, di non riuscire a spegnermi: come tutti i vecchi le mie radici stentano a mollare la terra. Ma del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita. »
(Alda Merini, La pazza della porta accanto)

"Ma lei cosa vorrebbe? Uomini"

Il primo marito di Alda Merini, Ettore Carniti, panettiere, sposato nel 1953. La fece internare per una decina d'anni al Pini. "Sono tornata a casa dal manicomio e mio marito ha detto: Ah, sei tornata; la panetteria l'aveva venduta, aveva cambiato lavoro e passato i migliori fra gli anni più belli della sua vita."

"Lo sai dunque che questa è la descrizione del nostro amore, che io non sia mai dove tu sei, e tu non sai mai dove sono io? G. Manganelli che la corteggiava

Era solita scrivere numeri e indirizzi sui muri di casa "perché sono comodi, si sa dove sono."

                                                    
La sola volta che lasciò la sua casa ai Navigli fu quando, ottenuto il premio Montale Guggenheim, che aveva una borsa molto ricca si trasferì all'Hotel Certosa e vi rimase fino a che non finirono i soldi, donandoli in parte a tutti i barboni che incontrava e comprando innumerevoli peluche agli amici.

Un giorno confessò di aver amato disperatamente per cinque anni Titano, un clochard. Di giorno vagava sulle panchine, lungo i Navigli, al tramonto andava a rifugiarsi a casa di lei. Le diceva: Voglio fare l'amore con te. Sara un peccato mortale?" Titano è stato un ciclone di emozioni: profumava di strada. Quando gli facevo il bagno, la sera, la vasca diventava nera di terra e di smog.

"Non ho mai smesso di fumare né di sperare."
                                                      
"Un'infermiera che mi ha curata quando stavo in manicomio mi ha detto: è stata con noi 15 anni e non ci ha mai detto che scriveva! Certo, ho risposto, non son mica matta."

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