giovedì 4 luglio 2013

20134Lambrate_Mafalda di Savoia

Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana, nata a Roma nel 1902, figlia di Vittorio Emanuele III, re d'Italia e Elena di Montenegro, fin da piccola fragile, delicata e riflessiva, di scarso appetito ma con un eccezionale carica vitale, atrofica ai muscoli inferiori delle gambe, piedi piatti ma buona ballerina.

Quando Vittorio Emanuele scelse il nome di Mafalda in onore di una principessa del XII secolo che preferì il monastero alle nozze, in Italia tutti rimasero perplessi tanto che i giornali accompagnarono il nome a un punto interrogativo. Non l'avevano mai sentito.
                     

Il suo piatto preferito: pollo lesso e patate bollite.
Maniaca dell'igiene mangiava solo piatti preparati nella sua cucina o cibi che aveva visto cucinare. Per i banchetti ufficiali aveva escogitato questo sistema: prima di recarvisi mangiava a casa il solito pollo così da limitare la cena a piccoli assaggi.
                      

Il matrimonio con il langravio Filippo d'Assia. Fra i doni una pianta carnivora e un casale a cui gli sposi dettero il nome di Villa Polissena.
Lui la chiamava Mauve dal colore della malva e del lillà che lei preferiva e che si addicevano così bene alla sua pelle chiara e ai suoi capelli castani non meno che alla delicatezza dei suoi sentimenti.
                    

Nel settembre del 1943 quando i tedeschi organizzarono il disarmo delle truppe italiane, si trovava a Sofia per assistere alla sorella Giovanna, e li seppe dell'armistizio volle ritornare in Italia per riabbracciare i suoi cari. 
"Sono sposata con un principe d'Assia e pertanto non temo i tedeschi". 
A Roma venne catturata dalle SS e deportata a Buchenwald grazie a  un inganno di Herbert Kappler che per catturarla le fece credere di avere un appuntamento cn il marito presso l'ambasciata di Germania.

Rinchiusa nella baracca n 15 sotto falso nome Frau von Weber col divieto di rivelare identità per undici mesi rimase vittima dei bombardamenti nell'agosto 1944. Ricoverata con gravi ustioni nell'infermeria della casa di tolleranza dei tedeschi del lager,  fu lasciata li per quattro giorni durante i quali arrivò la cancrena a causa delle piaghe. Morì dissanguata abbandonata dopo un amputazione il 28 agosto del 1944.






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